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Sul post dei medici precari del 118 cittadino pubblicato sulla pagina Facebook di “Nessuno tocchi Ippocrate”, l’associazione nata per denunciare e condividere le decine di aggressioni a medici e personale sanitario. “In Molise per tamponare le carenze di specialisti cercano medici militari. Ma davvero ce n’è bisogno? Chi più di noi potrebbe assolvere a questo incarico? Con tutte le aggressioni che subiamo tutti i giorni, alle guerre siamo abituati. Più militarizzati di noi non ce ne sono”. E ancora: “Noi siamo qui e vogliamo lavorare. Non vogliamo invecchiare da precari”, hanno scritto i camici bianchi. Il post campeggia su una locandina con sfondo militare, gagliardetto sanitario e il simbolo dell’associazione. “Lavoro al servizio 118 di Napoli, sono precario da tre anni, prima facevo le sostituzioni in guardia medica. Se Dal Molise mi chiamassero per offrirmi un contratto a tempo indeterminato, ci andrei di corsa. Così come tanti altri miei colleghi”, racconta Manuel Ruggiero, presidente di Nessuno tocchi Ippocrate oltre che medico con contratti a termine a sei o 12 mesi. “Se uno di noi si ammala e resta a casa, non ha la copertura poichè il contratto non lo prevede. I contributi ce li versiamo da soli e dovremmo ricevere dei rimborsi in parte. Se volessi comprare una casa per la mia famiglia, il mutuo non potrei chiederlo. Un contratto a tempo determinato non offre certezze, come si può costruire un futuro così?”, chiede. Ruggiero, lavorando nell’ambito dell’emergenza è esposto tutti i giorni all’esasperazione dei concittadini che, oltre a denunciare disservizi continui, menano pure le mani. Del resto i conti sono presto fatti: a Napoli, che conta un milione di persone, le ambulanze sono 19 e ne servirebbe il doppio; i medici dell’emergenza in servizio sono una settantina, e anche in questo caso il numero dovrebbe essere raddoppiato. La carenza di uomini e mezzi incide sulla tempestività dei soccorsi, l’inefficienza strutturale porta alle aggressioni. Così, come se non bastassero l’incertezza del lavoro, i turni massacranti, e un domani opaco, il personale sanitario sa di essere pericolosamente esposto. Almeno per il momento, sembra che ad alleviare la frustrazione ci sia solo l’ironia.