Si abbassano le serrante di 55 punti vendita di “Mercatone uno”

1800 dipendenti ieri mattina hanno trovato le saracinesche chiuse, il gruppo dichiara fallimento

Serrande abbassate, ieri mattina, nei 55 punti vendita a marchio Mercatone Uno in tutta Italia. È l’amara sorpresa che si sono trovati davanti i circa 1800 dipendenti del gruppo, che senza alcun preavviso da parte della proprietà, si sono recati normalmente a lavoro, trovando però chiusi centri commerciali e magazzini, dal Piemonte alla Puglia. La chiusura è l’effetto della sentenza con cui, nella giornata di ieri, il tribunale fallimentare di Milano ha decretato il fallimento della Shernon Holding srl, che nell’agosto del 2018 aveva a sua volta rilevato i punti vendita dello storico marchio emiliano, annunciando un imponente piano di rilancio proiettato verso nuovi importanti ricavi già dal 2022.

Con sentenza del 23 maggio – ricordano i sindacati ripercorrendo le tappe della vicenda – il Tribunale di Milano ha decretato il fallimento della Shernon, azienda che aveva acquisito lo scorso anno dalla ditta Mercatone in Amministrazione Straordinaria ben 55 punti vendita, con l’obbligo assuntivo di oltre 2.000 lavoratori. In realtà, sino a questo momento, la stessa era subentrata solo in 47 punti vendita con l’impiego di oltre 1.800 risorse umane. 

Si ricorda che, la vendita dei 55 punti vendita fu proposta dall’AS, dopo una lunga trattativa con i soci di Shernon, ritenuta degna di un positivo riscontro da parte del Comitato di Vigilanza del Mise. Successivamente, e dopo una lunga e difficile trattativa, Filcams, Fisascat e Uiltucs, presso il Mise stipularono un accordo sindacale regolante il passaggio dei lavoratori, ben consci che, senza l’accordo, la vendita non si sarebbe perfezionata e sarebbe intervenuto il fallimento già a luglio 2018 con la conseguente perdita dei posti di lavoro e delle relative professionalità. 

Già nei primi mesi dell’ingresso di Shernon, buona parte dei soci che avevano costituito la società ad hoc per l’acquisizione, sono fuoriusciti dall’asset societario, senza destare alcun allarme da parte dei commissari che erano preposti a sovrintendere le operazioni. 

Col passare del tempo, continuano i sindacati, la mancanza di finanziamenti e di liquidità ha fatto sì che già negli ultimi mesi del 2018 la merce nei magazzini, e di conseguenza nei negozi, cominciasse a scarseggiare. A marzo, come denunciato dalle tre federazioni confederate, i punti vendita risultavano sprovvisti di merce e la stessa non veniva più consegnata sebbene già venduta e pagata dagli acquirenti.

La ricapitalizzazione annunciata doveva esser effettuata entro la fine di marzo e presupponeva un investimento pari a circa 20 milioni, cifra che, da subito le organizzazioni di categoria hanno ritenuto “assolutamente insufficiente” a garantire la ripresa dell’azienda. A metà aprile, senza darne informazione alcuna, nemmeno al Mise, l’azienda ha presentato istanza di Concordato Preventivo presso il Tribunale di Milano. 

La decisione assunta il 23 maggio dal Tribunale di Milano, dimostra che le preoccupazioni delle tre sigle sindacali erano “del tutto fondate e che, la situazione è molto più grave di quanto l’Ad di Shernon abbia raccontato al Mise il 18 di aprile ed ai lavoratori nei vari comunicati a essi diretti”, concludono i sindacati.