Questa è la sua storia, tra umanità e santità
Al secolo Filippo Romolo Neri, nacque come secondogenito della nobile famiglia del notaio Francesco Neri in Firenze, che poi decise di intraprendere la strada dell’alchimia!
Lui invece cominciò con il frequentare il Convento dei domenicani di San Marco a Firenze, un tempo sotto la direzione di Girolamo Savonarola
Fino a 18 anni stette a Firenze, dilettandosi delle storie del Pievano Arlotto o di far musicare le Laudi di Jacopone da Todi, poi si spostò a Cassino, per fare il mercante, ma venuto a Roma come pellegrino, vi rimase, e vi rimarrà per sempre, da mistico e contemplativo , ma anche attivo negli ospedali dove conobbe e divenne amico di Camillo De Lellis, mentre entrava anche in contatto con i primissimi membri della Compagnia di Gesù ed il loro fondatore Ignazio di Loyola.
Secondo la tradizione, nel 1544, e precisamente nel giorno della Pentecoste, in preghiera presso le catacombe di San Sebastiano, Filippo Neri fu preda di uno straordinario avvenimento (secondo il santo un’effusione di Spirito Santo) che gli causò una dilatazione del cuore e delle costole, evento scientificamente attestato dai medici dopo la sua morte. Molti testimonieranno di aver visto spesso il cuore tremargli nel petto e che, a contatto con esso, si avvertiva uno strano calore!
Visse allora come un eremita, un antico clochard per le vie di Campo de’ Fiori e Trastevere e fuggendo (una volta nel vero senso della parola da una certa Cesaria!) dalle tentazioni delle tante donne di strada che c’erano per Roma e che spesso gli amici, visto il suo carattere scherzoso, gli mettevano a fianco!
Per occuparsi più concretamente degli infermi, dei pellegrini e dei tanti che aveva conosciuto sbandati per strada, decise di metter sù una confraternita. E poi, per darsi una regolata, di divenire sacerdote. Dove diventò famoso come celebre ed acuto confessore, che ascoltava i penitenti dall’alba al tramonto!
Per certi dissapori con cardinali e gelosi prelati, pensò persino di andare nelle Indie e ne parlò con Francesco Saverio, ma restò a Roma, anche quando Carlo Borromeo fece di tutto per portarlo a Milano. Questo anche per guidare la chiesa dei Fiorentini nella Capitale, con la sua Arciconfraternita, che un giorno aveva cacciato un certo fiorentino Leonardo da Vinci perché non in regola coni pagamenti!
Tra malattie, carestie ed epidemie che decimarono i suoi della Congregazione, rifiuto della nomina a cardinale che il Papa voleva conferirgli per i suoi consigli politici di riconciliazione con la Francia, Filippo si avviò alla morte, si dice, sorridendo!
Amava infatti, un po’ come il Pievano Arlotto, sorridere delle cose della vita e spesso comminava pene curiose alle confessioni!
Per questo strinse amicizia con un frate gioioso e scherzoso come lui, Felice da Cantalice: i due santi insieme facevano, per Roma, scherzi e miracoli!